fissata (onde anche pOi pOi pOi)

febbraio 11, 2010 § Lascia un commento

questo mi possiede
per le strade risalenti intere scacchiere
da acqua e sale uscire
il sangue consapevole di trasfusione
tutto imperativo che si muove
fuori di uniforme, un mare di onde
la grazia delle anche.

*

il tuo corpo caro e poi vicino
il mio letteralmente a nudo
e nella sola carne che si afferra
un po’ di luce germina
va dritta, sanguina.
E poi che canta un’onda grigia
e la palma la nuca frastagliata.
Com’è che è entrata questa calma
se ogni ora sgombera, cresciuta poi.

Mi pensi segreti, ben lungi negli orti conclusi
e sono labirinti, veri e proprio analgesici
che nemmeno conosco.
Anche se mi sovvertissero
con il sonno di un luogo marittimo
rimane l’ampiezza del gesto
del bacio pretesto che si fa giorno.

*

oggi d’accordo
niente si va spegnendo
l’amore come un bonzo
il sole dentro un vocabolo.
A un certo punto d’esilio
braccia colorate che stingono.

*

l’amore sotto controllo?
Poco per l’orgoglio di una donna che oscilla
di sangue raccolto nella lanterna.
C’è più di una terra sorretta agli anelli della colonna
anche ritorna l’erba presa da fiamma.

*

Anche la pioggia.
Cadere e poi crescere nell’aria compressa
è più di un enigma.  Concentra
i capelli raccolti proprio dove la foglia della nuca si innerva
dove la coccinella è una lingua che pulsa.

probabilità retrovisori

febbraio 2, 2010 § 2 commenti

Adesso. Poi lo spazio dove giungi e ti dividi
un prodotto di fattori nei preservativi
quale dado è tratto, vieni.

*

stai all’occhio, a quello dello specchio
la persona appena uscita per un soffio
da un aspetto loffio, cera.

*

Così guida. Messa la sicura, non c’è che il fondo strada
le luci bolle di sapone, l’istante monta lo specchio retrovisore
prima di dileguarsi preme.
In questa descrizione chi vaga si mantiene, forse uguale (o così pare) e
nota bene: fuori scorre
ma precetta anche le stelle per darsi ai punti fissi
per quando duri gli sterzi e sotto sforzo, gli arti tirino il bello e il brutto.


Consesso (riferimenti puramente casuali)

qui al dunque
partoriente tutti maschi
nei discorsi ricchi frulli pleonastici.

*

Al convegno
ad un tratto non puoi più fare a meno di ribadirti donna
non certo per l’aria da farfalla o per quella di una spilla da balia
pronta a tenere insieme un po’ di tutto
tanto meno il profilo basso e forme fatte passare
per uno svolazzo femminile.

Sì sottile, la voce ha collane
per interi periodi.
Poi diventano i soliti, presumibilmente saturi.

*

ma i tuoi voli sono pieni, oscuri di particelle elementari
semplici sistemi per una testa calda
quanto poliedrica ti calza, se possibile una scheggia.

tondi

gennaio 9, 2010 § 4 commenti

A neve ferma con il lago sulla faccia
una rigidità di carpa impressa all’amo.
Forse più caldo scendere un buco nero
percuotendo il suono con la punta della lingua
nell’apparenza di una formula, vaga l’orbita

*

a chiedergli della libertà risponde con un gesto
traccia un cerchio per riprodurre la teoria dell’urto
sei fuori o dentro – spazio
la mano di un pazzo legata agli spaghi
di un diario, affini.

*

Il pettirosso lampeggia un moto d’aria, solleva
la soglia del gelo. Prendo allora la mano
e la metto sul vetro, rimane il calore afferrato
per gioco, per sbaglio. il battito sveglio
prima di tornare nel vaso.

O.Redon silenzio

sb’attenti

[natura]

Giro la montagna che risuona di valanghe.
Può farla da padrone, il mio passo cane segue
vagola di neve (il bianco fiore cade
con molta compostezza). Sono fatta bestia
nel mentre che scodinzola, ridotta dallo sforzo
che quando l’universo curva di scatto
l’esilio coatto vibra, mi attanaglia, mi sbalza dalla culla.

*

[urbana]

Indietro a cancellare orme, il segno che perde e che sconvolge
il nulla con l’istinto, la facoltà del predatore.
Eppure il verde punta sulle aiuole, un tram tiene le rotaie
con l’ombra di mezzo, vira sul serio
costringe a chiudere un occhio, poi ad aprirlo.

*

[selettiva]

Rubo al sonno. D’altra parte
quando sono vigile mi arrendo
ad ogni ineludibile momento
le sbarre si annidano, a quanto
pare immagino.

fa la neve

dicembre 19, 2009 § 3 commenti


Tuttalpiù l’inverno si fa calco
a mostrare leggerezze mosse a neve
con la bocca del catrame tutta in tiro, sdrucciola nel gelo

quando addenta
i piedi come cuccioli
sbattendoli agli spettri di un bisogno urgente.

Per stare al mondo delle parvenze
nella battaglia di cuscini
anche la nuvolaglia sprimaccia i cieli

chi va via fa posto.
Piaciuto, visto (ad un palmo dal capriccio), pure col fiocco
quale andazzo disturba il passo quieto delle cose

se nelle vie a fiumane, il freddo è incontro alle caldane
di una città di vita, la calza del metrò smagliata
le borse agli occhi dei palazzi

che in quanto a darsi
il senso ciurla dentro l’osso, in deformità di specchio
alla ricerca di un indizio.

presepe albero &C.

dicembre 12, 2009 § 3 commenti

*
***

Che nel freddo l’indugio si fa più rosso
anima o corpo, conta alla fine chi ti ha scaldato.
Perciò il respiro esce piumato e le fibre muscolari
nei brividi dei punti cardinali, aprono alla leggerezza degli uccelli.
Intorno il rincalzo degli inverni, la terra al massimo sui pattini.

*

l’autostrada un ramo di Natale
su e giù l’intermittenza di lucine
poi un fondo d’anello cresciuto al labirinto

si torna o scappa via dall’intimo

non la velocità, fa fede il mondo
ma nessun angelo va spalancando.
il vuoto tronco, l’attimo ninnolo.

l’immagine non c’entra

dicembre 8, 2009 § 3 commenti

Perché prova dentro una passeggiata agra
le mani nel caldo della giacca, a risvegliarsi come una marmotta.
Intanto il vetro fa il copista, rimanda oscurità dovunque.
Anche il moto si rapprende, sotto i piedi per una nebbia di soffione
cos’è accaduto stamane, sì, se lo ricorda.
Lasciando perdere la forma, l’ombra di sostanza e fuori il nome
lasciando perdere le biancherie dei propri fili fissate ai terrapieni per fare vela al mondo rimane l’ancoraggio di un sorriso giusto d’apparecchio, il bianco tratto da una pinza d’osso.

*

Andando a zonzo, niente altro, ah sì il rientro
nel pack quadro della doccia. Dal caldo la pelliccia
si fonde con la tenda di plastica, drappella il corpo intorno.

Sciocchezza pensare al vuoto dello scarico
più in là non scivoli
e l’acqua, c’è da chiedersi, non ti porta via se gode

se batte uno spazio fra le pieghe, tu in mezzo.

:

novembre 28, 2009 § 4 commenti

– influenze ad effetto serra –

Sul treno in mille riflessi
e non sono solo i gesti annebbiati
a tirare gli orizzonti come fossero cortine

di là la fascia di pianure lecca il vetro
di qua le acrobazie dell’illusione
gli sconvolti

che fra gli ingorghi dell’addome
il termometro di ciminiere
infilato, in fumo.


– reti di stazionamento –

a fili
l’alta velocità dei cieli rode il cervello
già scosso dal tremito o dal pidocchio.
Nella stazione adesso
rientra di spalle nella giacca
ad un nuovo andirivieni schiaccia
la fotocopia della società civile
qualche rifiuto sul marciapiede
il fuggi fuggi poco poco-

 

di poi topi topoi

novembre 24, 2009 § 3 commenti

Fasciame sintetico, una terra con la dima
questo per il lungo tratto dell’arcata urbana
case come denti, casa cava

di stucco o sull’ottone
nel modo di scendere il sudore
non sempre le gocce ricordano la pioggia.

A volte i colli alzano le labbra
in cerca un filo d’acqua, d’aria
un niente che già scivola, gatto di nuvola

per poco passa liscio, brulica.

in

novembre 15, 2009 § 4 commenti

Sono tornata che avevo spini dappertutto
tanto più sbucciato il passo mi inclinavo.
L’occhio era il luogo del castagno
la sua voglia di penetrare a fondo
acuminando il sintomo.
Ma era già vivissimo e prima del letargo
inumidiva le campagne.
Adesso trapunta di stagione le carni selvaggine
dalla buca del fienile la pupilla, l’interiore, come una bacca di ginepro.

*

Torno e stai ancora mescolando le farine. È evidente
l’affetto confonde le parole, risparmia sull’acume
dà ragione a chi ti vuole ‘uguale’.

Non fossi mia madre ti lascerei invecchiare senza caricature o lamentele
nessuna perfezione delle sfere, vedrei la pelle e le sue clessidre
fra gonfiori e rughe, la couperose di sole.

coazioni a ripetere

novembre 13, 2009 § 5 commenti

Il tempo, il tempo di una luce collettiva tirata dalla luna a mo’ di corda o droga
un disco di luna che tampona di fondo l’ematoma sul bordo della strada.
Dal dolore l’esistenza rovescia la fruttiera, un’onda la foglia della lingua
così aprendo una maniglia i limoni sparsi intorno senza suono.

*

Tocca, tocca, niente di nuovo. Dove covi da solo rimane il caldo sul cuscino
e il segno della testa contro il muro come se avessi appena tolto un quadro.
Per miglior agio passano “nessun dorma* alla radio (“tu pure, o Principessa*)
e quasi con sollievo ti chiedi il motivo, sì, dell’ombra sull’intonaco: una promo?

 

* dalla Turandot di G.Puccini