mani rese
gennaio 10, 2012 § 4 commenti
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Quanto andare per tensioni
mani nella sferza delle molle
e dove ti pensi, quanto più tirato, inafferrabile
arriva lo spezzarsi degli anelli
nervi come cinghie slabbrate di satelliti.
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ogni tanto la morte mi coglie in mille faccende
al più sopraggiunge, prendendomi di fronte.
Di prodigioso nessun segnale d’allarme
vicino all’argine continuo a piegare le calze
o cose del genere. Però le dita rimangono morbide
non tocco, né sposto il cadavere.
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è che nessun raggio mi corre
passa le bende, tira le mani.
Non ci sono interruttori
e i pianeti prigionieri arrivano
in ritardo dal passato
come un suono di grammofono
come un bacio
che ti riporta dolce nel vano.
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le mani atterrano per prime
e dopo che cadute, continuano a salire
(in alto un cielo minore che pesi poco come la neve)
ad un certo punto della creazione
fatte non per splendore, ma per posarsi ovunque
api di polvere in polvere. Beato polline.
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“ogni tanto la morte mi coglie in mille faccende”
e poi a seguire. la “stabilità” senza alcuna morgana ma ci sono quelle dita morbide che non toccano e allora l’ immagine levita si spande e avoca a sé
cose invisibili le attrae gettandone lontano il velo. non c’è paura. ecco. non c’è.
queste le parole dalle senzazioni leggendo quei tuoi versi di preciso ma in tutti c’è luce e innesti all’ immaginazione.
caro saluto.
paola
Paola sei una lettrice stupenda, come poi dici le cose tu…
Grazie davvero, di tutto
una medusa di mani, che più che pietra fa grafite quello che il tocco, senso primo, le suggerisce come lettera e ricevuta dall’esterno e inviata a sé medesima nei momenti estremi, quendo è l’estremità viva il fulcro di una eutanasia che spegne tatto con tatto per non rischiar rovina ma per manipolare l’impalpabile dell’anima…
sei anche qui! ti seguo 🙂
Grazie Francesca! Per l’attenta e bella lettura e per il passaggio.